La centralità dell’intento nel marketing

MARCO BIANCHI

Founder ed ex CEO di MOCA Interactive, oggi investitore e board member in Delex Digital e altre realtà. Appassionato di persone e pianeta.

Seduta alla mia scrivania, mi sono trovata spesso a riflettere sul sottile confine tra etica e persuasione nel marketing digitale. È un tema che mi perseguita, specialmente quando osservo come l’intelligenza artificiale stia ridefinendo le regole del gioco, rendendo sempre più sfumata la linea tra personalizzazione e manipolazione.

Questi pensieri mi hanno portato a cercare un confronto con Marco Bianchi, una figura che si muove con disinvoltura tra innovazione digitale e responsabilità etica. Come fondatore di CultureBrained e investitore in diverse realtà digitali, Bianchi ha sviluppato una visione del marketing che va oltre il semplice risultato commerciale. L’intervista che segue esplora questo territorio complesso, dove tecnologia e morale si intrecciano in un dialogo non sempre armonioso, alla ricerca di un equilibrio tra efficacia e integrità.


Catherine Marshall
Marco, il marketing è sempre stato un mix di narrazione e strategia commerciale. Ma oggi, con l’AI generativa e la personalizzazione estrema, quanto è etico “reinventare” la realtà per vendere meglio? Dove finisce il confine tra creatività e manipolazione?

Marco Bianchi
Catherine, per rispondere meglio a questa domanda possiamo prima scambiarci delle definizioni per costruire una baseline comune? Cosa intendi per marketing? E dove pensi finisca il marketing e inizi la comunicazione?

Catherine Marshall
Domanda interessante, Marco. Per me, il marketing è l’arte e la scienza di creare valore percepito attorno a un prodotto, un servizio o un’idea, con l’obiettivo di influenzare una decisione d’acquisto. La comunicazione è uno degli strumenti del marketing: serve a trasmettere quel valore, a costruire significati e a creare connessioni emotive con il pubblico. Ma veniamo al punto chiave: se accettiamo questa distinzione, torniamo alla mia domanda iniziale. Reinventare la realtà attraverso storytelling e AI è una forma di valorizzazione creativa o stiamo parlando di manipolazione? Dove sta il limite?

Marco Bianchi
Nel momento in cui diciamo che l’obiettivo del marketing (anche attraverso la comunicazione) è quello di influenzare una decisione di acquisto, sarei portato a dire che a prescindere da AI si è nel campo della manipolazione.

Catherine Marshall
Quindi, secondo te, tutto il marketing è manipolazione? Anche quando un’azienda racconta la storia autentica del proprio prodotto, magari esaltandone alcuni aspetti ma senza distorcerne la realtà? Se ogni narrazione commerciale è manipolazione, dovremmo accettarlo come un dato di fatto o cercare di ridefinire i confini dell’etica nel marketing?

Marco Bianchi
Se è o meno manipolazione, a mio avviso, ha solo a che fare con l’intento. Con l’obiettivo. Non ha nulla a che fare con l’autenticità di ciò che si racconta. Questa, per me, ha più a che fare con quanto è “robusto” ed efficace lo storytelling. Se non è autentico, potrà facilmente sgretolarsi agli occhi del consumatore.

Catherine Marshall
Interessante. Quindi, se capisco bene, per te il marketing non è eticamente discutibile di per sé, ma lo diventa quando l’intento va oltre l’influenzare e cerca di ingannare. Ma allora, dove tracciamo la linea? Perché oggi vediamo aziende che costruiscono storie perfette su sostenibilità, inclusione, innovazione, ma poi, nei fatti, non sempre sono coerenti. Se il consumatore si accorge della fragilità di quello storytelling solo dopo l’acquisto, non è già troppo tardi?

Marco Bianchi
Non sono d’accordo nel discutere di questi argomenti come se il consumatore fosse sempre e comunque una povera vittima. Rimane la responsabilità individuale delle scelte che si fanno (anche di acquisto).

Catherine Marshall
Quindi, secondo te, il consumatore ha sempre gli strumenti per discernere tra una narrazione autentica e una costruita ad arte? Perché, se fosse così, casi come il greenwashing o il woke-washing non dovrebbero funzionare, e invece molte aziende continuano a investire milioni in queste strategie. Se il marketing manipolativo persiste, vuol dire che il pubblico non è poi così attrezzato per smascherarlo. Non credi che le aziende abbiano una responsabilità maggiore, proprio perché giocano con un vantaggio informativo enorme?

Marco Bianchi
Non sto togliendo responsabilità alle aziende, la sto solo ritornando anche al consumatore.

Catherine Marshall
Chiaro. Quindi, in un certo senso, stai dicendo che il marketing è un gioco a due: le aziende raccontano storie e i consumatori devono sviluppare il pensiero critico per decifrarle. Ma nel momento in cui gli algoritmi personalizzano messaggi su misura e le AI generano contenuti iper-persuasivi, il consumatore ha ancora una chance reale di fare scelte consapevoli o rischiamo di spostare il peso della responsabilità su chi ha meno strumenti per difendersi?

Marco Bianchi
Mi fa piacere che siamo arrivati ad un nocciolo importante della faccenda. Proverei a tradurlo nella crisi del pensiero critico. Questo è un rischio enorme, e non solo nel rapporto tra aziende e consumatori evidentemente. Non ho una risposta, se non dire che probabilmente serve inserire nell’equazione delle policy.

Catherine Marshall
E qui arriviamo al punto più complesso: chi dovrebbe scrivere queste policy? Perché se lasciamo il compito alle aziende, rischiamo regolamentazioni di facciata. Se lo affidiamo ai governi, rischiamo rigidità e burocrazia. Se ci affidiamo solo al mercato, continuiamo a giocare su asimmetrie informative. Visto il tuo approccio imprenditoriale, pensi che il cambiamento debba partire da chi crea i prodotti e le storie, magari con nuovi modelli di business, o credi che sia necessaria una regolamentazione dall’alto per bilanciare il sistema?

Marco Bianchi
Più che dall’alto, credo sia necessaria una regolamentazione terza, prodotta da organi che abbiano poi anche le leve per farla rispettare.

Catherine Marshall
Quindi immagini un sistema di autoregolamentazione supervisionato da enti indipendenti con reali poteri sanzionatori? Un po’ come avviene nel settore finanziario con le autorità di vigilanza? Se sì, chi vedi come attore credibile per questo ruolo nel marketing? E soprattutto: credi che le aziende sarebbero disposte ad accettarlo senza l’ennesimo gioco di lobbying per annacquare le regole?

Marco Bianchi
Sì, ma non ho un panorama sufficientemente ampio per avanzare dei candidati. Ovvio che le aziende proveranno a curvare le traiettorie a loro favore, far sì che l’organo possa resistere a queste tensioni deve essere parte del suo processo di design.

Catherine Marshall
Ed è proprio qui che si gioca la vera partita: creare un sistema che non sia facilmente catturabile dagli interessi economici. Un compito tutt’altro che semplice. Grazie per questo scambio, Marco. Il dibattito su chi e come dovrebbe proteggere l’integrità dello storytelling nel marketing è ancora aperto, ma una cosa è certa: ignorare il problema non è un’opzione.


Il monitor del mio laptop emette ancora una luce fioca mentre termino di trascrivere le ultime parole della nostra conversazione. L’incontro con Marco Bianchi ha preso una piega inaspettata, trasformandosi da una discussione sul marketing etico in un’esplorazione più profonda della responsabilità collettiva nel mondo digitale.

Le sue risposte, spesso provocatorie, hanno spostato il focus dal tradizionale dibattito sulla manipolazione commerciale verso questioni più fondamentali. La crisi del pensiero critico, la necessità di una regolamentazione terza, il ruolo attivo del consumatore. Nel riordinare i miei appunti, emerge con chiarezza come la vera sfida non sia tanto definire cosa sia etico nel marketing, quanto costruire un ecosistema dove la tecnologia possa amplificare le possibilità umane senza compromettere la nostra capacità di scelta consapevole.

Forse, mi dico chiudendo il laptop, è proprio questa la lezione più preziosa del nostro incontro. Nell’era dell’intelligenza artificiale e della personalizzazione estrema, la vera innovazione non sta nella potenza degli algoritmi, ma nella nostra capacità di utilizzarli mantenendo saldo il timone dell’etica.

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