Il Boundary Rider tra Promesse e Disillusioni

TIZIANA CELARDO

Tiziana Celardo, “Boundary Rider” presso Interlogica, facilita connessioni tra persone, idee e tecnologie per favorire l’innovazione aziendale.

Sono ormai diverse settimane che mi incuriosisco di un ruolo aziendale tanto affascinante quanto poco conosciuto. Ho sentito parlare la prima volta di Boundary Rider in una conferenza dedicata alle nuove forme di leadership e da allora non ho smesso di chiedermi come una figura che opera deliberatamente “ai confini” possa innescare trasformazioni profonde nel cuore di un’organizzazione.

A intrigarmi è soprattutto la sua natura ibrida. Né manager né semplice esploratore, il Boundary Rider sembra un pioniere che scandaglia territori inesplorati, individuando opportunità prima che diventino evidenti a tutti.
Con questo interrogativo in mente, ho deciso di intervistare Tiziana Celardo, la prima persona al mondo ad aver ricevuto una formale investitura come Boundary Rider in un’azienda

Il suo vissuto e la sua esperienza rappresentano un esempio concreto di come si possa mettere in pratica un concetto altrimenti teorico. La conversazione che segue è un viaggio tra le sfide, le opportunità e i potenziali conflitti che questo ruolo comporta, e un invito a riconsiderare l’innovazione non più come un fenomeno chiuso nel perimetro gerarchico, ma come un dialogo costante tra i margini e il centro dell’organizzazione.


Catherine Marshall
Il concetto di Boundary Rider è affascinante: una figura aziendale che opera ai margini per individuare opportunità di innovazione. Ma c’è un problema evidente: chi lavora ai confini rischia di non avere un vero potere decisionale, diventando un semplice osservatore. Come si evita che il Boundary Rider sia solo un esploratore senza impatto reale sulle strategie aziendali?

Tiziana Celardo
Il Boundary Rider pur lavorando ai confini aziendali fa riferimento direttamente a chi ha potere decisionale, economico e finanziario e quindi a coloro che sono al centro dell’azienda stessa.

Catherine Marshall
Quindi il Boundary Rider ha accesso diretto ai vertici aziendali, ma questo non garantisce che venga ascoltato. In molte organizzazioni, la gerarchia soffoca le idee dirompenti e la paura del rischio paralizza l’innovazione. Hai esempi concreti di aziende in cui questa figura è riuscita a incidere davvero sulle decisioni strategiche, evitando di essere solo una voce nel deserto?

Catherine Marshall
Interlogica sembra un caso virtuoso, ma la maggior parte delle aziende non funziona così. Prendiamo l’esempio di Kodak: aveva scienziati che avevano sviluppato la prima fotocamera digitale, ma il management li ha ignorati per paura di distruggere il business della pellicola. Come si fa a garantire che un Boundary Rider non venga neutralizzato dalla cultura aziendale esistente?

Tiziana Celardo
Se la cultura aziendale gemma un Boundary Rider vuol dire che probabilmente ha già predisposto dei processi per analizzarne le istanze, valutarle ed, eventualmente, trasformarle in azioni concrete.

Catherine Marshall
Quindi il Boundary Rider funziona solo se l’azienda è già predisposta ad accoglierne il valore. Ma allora non è un ruolo di rottura, è un’estensione naturale di un’organizzazione già aperta all’innovazione. Cosa succede invece quando questa figura opera in un’azienda tradizionale, con processi rigidi e scarsa propensione al cambiamento? È destinato al fallimento o ci sono strategie per superare queste barriere?

Tiziana Celardo
Resta una figura di rottura perché agisce ad di fuori delle strategie aziendali e bypassa tutto lo strato di management orientato a perseguirle. Il Boundary Rider è un azione di collegamento diretto tra il mondo esterno ed il centro dell’azienda.

Catherine Marshall
Quindi il Boundary Rider aggira il management tradizionale per portare innovazione direttamente al centro decisionale. Ma questo non crea resistenze interne? Se una parte dell’organizzazione si sente scavalcata, potrebbe ostacolare il processo invece di facilitarlo. Come si gestisce questa tensione interna per evitare che il Boundary Rider diventi un elemento di conflitto più che di innovazione?

Tiziana Celardo
Il centro dell’azienda ha la capacità di valutare le innovazioni ed avviare e coinvolgere team di persone interne o esterne pronte a supportarne la validazione.

Catherine Marshall
Quindi il successo del Boundary Rider dipende dalla volontà del vertice aziendale di agire sulle informazioni ricevute. Ma in un contesto in cui la fiducia è fondamentale, il rischio è che questa figura venga percepita come un corpo estraneo, senza un vero team di riferimento interno. Come si costruisce una rete di alleati dentro l’azienda per evitare l’isolamento e massimizzare l’impatto del ruolo?

Tiziana Celardo
Certamente il Boundary Rider è una figura che porta ipotesi di cambiamento fuori dalle strategie già note, ma abilitare un Boundary Rider non significa solo trovare la persona che ne svolge il ruolo ma anche costruire un processo interno a supporto. Quindi gli alleati con attitudine a supportare il cambiamento vengono già identificati a priori (almeno in parte)e sono membri del team che si occupa di analizzare le opportunità ed integrarle nel tessuto aziendale.

Catherine Marshall
Quindi il Boundary Rider non è un individuo isolato, ma parte di un ecosistema aziendale che include già alleati pronti a tradurre le sue intuizioni in azione. In sintesi, il suo successo dipende dalla combinazione di una cultura aziendale aperta, un accesso diretto ai vertici e un processo strutturato che faciliti il cambiamento. Grazie per questa conversazione stimolante. Hai mostrato come il Boundary Rider possa essere un vero motore di innovazione, a patto che l’azienda sappia ascoltare e agire.

Tiziana Celardo
Ha perfettamente colto il senso di questa figura ancora innovativa teorizzata da Ernesto Sirolli, uno dei più grandi consulenti al mondo sul tema dello sviluppo economico. Alessandro Fossato, CEO di Interlogica, ha collaborato a lungo con Sirolli ed ha colto immediatamente questo concetto innovativo, integrandolo in azienda, tant’è che io sono la prima persona al mondo che è stata assunta formalmente con questo ruolo. Ringrazio lei per lo spazio dedicatomi.

Catherine Marshall
Un primato assoluto, quindi: il primo Boundary Rider ufficiale al mondo. Un segnale che questo ruolo non è solo teoria, ma sta già prendendo forma concreta nelle aziende più lungimiranti. Grazie per aver condiviso la tua esperienza e per aver reso tangibile un concetto ancora poco conosciuto ma ricco di potenziale. Sarà interessante vedere come questa figura evolverà nel tempo.


Quando termino la conversazione con Tiziana, mi rimane la sensazione di aver intravisto un’innovazione che nasce dalla capacità di rompere gli schemi, ma in modo “guidato”. Il Boundary Rider, con il suo guardare dall’esterno per nutrire il cuore dell’azienda, è una figura che scardina la gerarchia tradizionale pur collaborando con essa. È un delicato equilibrio tra esplorazione solitaria e partecipazione collettiva, tra visione audace e processi strutturati.

Lasciando idealmente la “frontiera” dove Tiziana opera, mi porto via l’idea che i nuovi orizzonti non si raggiungono solo con la forza della tecnologia o con budget illimitati ma anche grazie a persone e ruoli capaci di collegare mondi diversi, la cultura aziendale consolidata e le ispirazioni più dirompenti.

Forse il futuro dell’innovazione risiederà proprio in queste figure “di confine”, pronte a sfidare lo status quo senza ignorare le regole, capaci di contagiare i vertici aziendali con prospettive non convenzionali. Un futuro in cui il Boundary Rider non sarà più una curiosità, ma una risorsa cruciale per chi aspira a rinnovarsi davvero.

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