ANDREA ARRIGO PANATO
Andrea Arrigo Panato, commercialista e revisore legale, esperto in finanza straordinaria e risanamento, scrive per Il Sole 24 Ore e supporta le PMI con un approccio innovativo.
Nel mio percorso professionale di giornalista economica, poche questioni hanno suscitato in me tante riflessioni quanto il rapporto tra consulenza e fiducia. È un tema che tocca le corde più profonde del tessuto imprenditoriale italiano, specialmente in un’epoca dove la digitalizzazione sembra promettere soluzioni immediate a ogni problema aziendale.
Mi sono spesso chiesta come si possa costruire credibilità autentica in un mercato saturo di “esperti” autoproclamati, dove il confine tra competenza reale e marketing aggressivo diventa sempre più sfumato. Con questa curiosità ho incontrato Andrea Arrigo Panato, una figura che ha fatto della consulenza “slow” la sua cifra distintiva. Dottore commercialista e docente universitario, Panato ha sviluppato un approccio che sfida apertamente le convenzioni del settore, privilegiando relazioni profonde e tempo di qualità rispetto alla rincorsa frenetica dei numeri.
L’intervista che segue esplora questa visione controcorrente della consulenza, dove il vero valore non si misura in ore fatturate ma nella profondità del legame con il cliente.
Catherine Marshall
Oggi parliamo della credibilità dei consulenti, un tema particolarmente rilevante in un’epoca in cui le imprese, soprattutto le PMI, sono alle prese con sfide sempre più complesse. Andrea Panato, lei è considerato una voce autorevole nel panorama della consulenza italiana. Partiamo da una provocazione: con la proliferazione di “esperti” su ogni piattaforma, come può un imprenditore distinguere tra chi offre un reale valore aggiunto e chi vende semplicemente fumo?
Andrea Arrigo Panato
Il tema è sicuramente sfidante perché spesso l’imprenditore si trova a dover affrontare uno scenario non conosciuto a dover utilizzare dei consulenti specifici e tecnici per la prima volta sia come tipologia di servizio sia come persone non è facile sicuramente il Track record del consulente è importante sicuramente l’abitudine del consulente a lavorare sul lungo periodo e sulle relazioni di lungo periodo è fondamentale in questo il commercialista che vede come pilastri della propria professione la deontologia da una parte e la professionalità dall’altra dovrebbe quantomeno sulla carta offrire delle garanzie in più. Non a caso spesso il commercialista è il consulente di più generazioni di imprenditori.
Catherine Marshall
Lei sottolinea due aspetti centrali: il track record e le relazioni di lungo periodo, elementi che sicuramente possono ispirare fiducia. Ma in un mondo che cambia alla velocità della luce, questi pilastri tradizionali sono sufficienti? Mi spiego meglio: può la credibilità basarsi solo sulla reputazione pregressa, quando oggi si richiedono consulenze che spesso toccano tecnologie e dinamiche completamente nuove? Come può un commercialista, per esempio, mantenere la sua rilevanza e non essere percepito come un anello debole rispetto a consulenti più specializzati in ambiti emergenti?
Andrea Arrigo Panato
Parte della nostra credibilità come studio deriva dal far parte di un ecosistema consolidato e credibile di professionisti che si occupano di innovazione e sia strategica che tecnologica. Ovviamente ciò significa che il nostro studio diventa un crocevia di stimoli per l’imprenditore e la nostra professionalità più specifica sulle materie di valutazione aziendale e finanza e risanamento più in generale di pianificazione. In qualche modo si fonde con le professionalità e le curiosità di altri consulenti da noi selezionati molto attenti al mondo dell’innovazione.
Catherine Marshall
Interessante, quindi lei propone uno studio come un nodo di una rete di competenze, un “ecosistema” in grado di rispondere a sfide diverse. Ma questo solleva un problema: come si selezionano i partner in questo ecosistema? Non rischiate di essere visti più come dei coordinatori che come veri protagonisti? In altre parole, un imprenditore potrebbe chiedersi: sto pagando lo studio per la sua expertise o per il valore che arriva da altri consulenti? Come si evita questa percezione, mantenendo una leadership chiara e tangibile?
Andrea Arrigo Panato
Il nostro studio si fonda su una profonda conoscenza sia dell’imprenditore sia dell’azienda, e sulle dinamiche di costruzione del valore. Questo ci permette di selezionare partner accreditati, sia dal mondo professionale che accademico, testati in diverse operazioni. Il nostro ruolo di coordinatori e selezionatori si integra con una solida competenza interna, che si manifesta attraverso il nostro record operativo, l’attività accademica e numerosi scritti pubblicati su riviste di settore e online. In questo modo, l’imprenditore comprende chiaramente cosa sta acquistando e quali relazioni e competenze mette a sua disposizione il nostro studio.
Catherine Marshall
Quindi, la vostra forza risiede in una combinazione tra profonda conoscenza del cliente, un track record tangibile e la capacità di rendere visibile il vostro approccio attraverso pubblicazioni e dialogo pubblico. Ma c’è un punto critico qui: se la relazione con l’imprenditore si basa tanto sulla fiducia costruita con il tempo, come fate a conquistarla in un primo incontro, quando un cliente vi valuta al pari di molti altri consulenti? In un mercato saturo, dove spesso chi urla più forte sui social ha la meglio, come si conquista il cliente giusto senza scendere nel gioco dell’autopromozione esagerata o del marketing a effetto?
Andrea Arrigo Panato
Il nostro rapporto con il cliente si costruisce gradualmente. Generalmente, il primo contatto avviene attraverso un dialogo online, sui social, che può protrarsi per circa sei mesi. Solo successivamente il cliente richiede un incontro, spesso informale – ad esempio, durante un aperitivo – per conoscerci meglio. In questa fase iniziale, offriamo alcuni spunti e indicazioni, anche se questo può sorprendere l’imprenditore abituato a modelli più tradizionali. Non sempre chi dichiara di voler cambiare è pronto a farlo realmente. Ed è giusto che sia così, rispettiamo i tempi di maturazione di questa convinzione. Sollecitiamo un’accelerazione solo quando la situazione aziendale lo rende necessario all’azienda. Segue un periodo di riflessione, durante il quale il cliente valuta la possibilità di proseguire il rapporto. Quando, dopo altri sei mesi, il cliente si sente pronto, inizia una collaborazione strutturata per pianificare una nuova strategia d’impresa. La nostra presenza online riduce i costi di marketing e favorisce relazioni autentiche, permettendo sia a noi che all’imprenditore di sviluppare una consapevolezza condivisa sui benefici della nostra consulenza. Inoltre, operando come studio boutique, possiamo scegliere i clienti con cui collaborare, privilegiando la qualità sulla quantità.

Catherine Marshall
La sua strategia è decisamente atipica rispetto alla narrativa dominante, dove la consulenza è spesso venduta come un prodotto rapido e confezionato. Puntate su relazioni profonde, tempo e selettività, ma questo approccio boutique solleva una domanda fondamentale: non rischiate di risultare elitari, escludendo di fatto una fascia importante di PMI che, pur avendo bisogno di innovazione e strategie di lungo termine, non ha il tempo o le risorse per seguire un percorso così dilatato? È possibile conciliare questo modello di eccellenza con una maggiore scalabilità o inclusività?
Andrea Arrigo Panato
Il nostro grande vantaggio come studio è quello di fare molta formazione indiretta sul cliente o potenziale cliente attraverso la rete e i nostri articoli pubblicati online in questo modo troviamo dei clienti che sono già pronti ad accogliere e a collaborare col nostro tipo di consulenza inoltre, lavorando online, abbattiamo di molto i costi di marketing e questo ci consente di ridurre il costo dei nostri servizi, pur garantendo ovviamente standard di qualità elevati in qualche modo la possibilità di scalare deriva dal giusto mix di formazione gratuita e consulenza specialistica.
Catherine Marshall
Quindi, il vostro modello punta su un equilibrio tra accessibilità e specializzazione: la formazione gratuita attraverso articoli e contenuti online funziona come un ponte, preparando e sensibilizzando le PMI al vostro approccio prima ancora che diventino clienti. Ma questo mi porta all’ultima riflessione: in un mercato sempre più orientato verso soluzioni tecnologiche e piattaforme automatizzate, non temete che questo modello, basato su relazioni e consulenza personalizzata, possa essere visto come “lento” o troppo umano rispetto alla velocità e alla standardizzazione che l’intelligenza artificiale e i software promettono di offrire? Come si difende il valore della consulenza artigianale in un mondo che premia la rapidità e l’automazione?
Andrea Arrigo Panato
Questo è sicuramente un argomento che merita forte attenzione da parte nostra. Ci rendiamo perfettamente contro conto che molte società di consulenza o studi legali di grandi o grandissime dimensioni a livello internazionale, stiano investendo su soluzioni software e tecnologiche proprietarie. Noi siamo convinti che per il nostro target di clientela che sono sostanzialmente le PMI innovative e in crescita la tecnologia ci supporterà moltissimo nei prossimi anni ma che il vero valore della consulenza resti il fattore umano ciò detto proprio per potenziare il fattore umano negli ultimi anni abbiamo investito in software non proprietari per supportarci nell’automatizzare alcune parti del procedimento di valutazione d’azienda che resta una delle nostre competenze core e stiamo seriamente pensando di lavorare con nuovi software nei prossimi mesi legati alla ricerca giuridica e sul utilizzando strumenti tipici dell’intelligenza artificiale, siamo certi che ci sia ancora molto da fare e siamo curiosi e desiderosi di sperimentare.
Catherine Marshall
La vostra posizione è chiara: il futuro della consulenza non è una scelta tra tecnologia e fattore umano, ma una sintesi intelligente dei due. L’adozione di strumenti tecnologici diventa quindi una leva per valorizzare il lavoro umano, liberando tempo e risorse per le attività strategiche che richiedono empatia, intuito e creatività. Grazie per questa conversazione ricca di spunti, è stato un piacere esplorare insieme il futuro della consulenza.
Il caffè nella tazza si è ormai raffreddato mentre concludo la mia conversazione con Andrea Panato. Le sue parole riecheggiano nella mia mente, disegnando il ritratto di una consulenza aziendale molto diversa dagli stereotipi dominanti. Nel ripercorrere il nostro dialogo, colpisce come ogni sua risposta abbia metodicamente smontato i luoghi comuni del settore. L’urgenza perpetua, la caccia ossessiva al cliente, la corsa all’ultimo strumento tecnologico
Il suo approccio “boutique”, basato sulla selezione reciproca e sulla formazione preliminare attraverso i contenuti digitali, suggerisce una terza via tra consulenza tradizionale e innovazione digitale. È una visione che potrebbe sembrare anacronistica nell’era dell’intelligenza artificiale e delle soluzioni istantanee, ma che nasconde una profonda comprensione delle reali esigenze delle PMI italiane.
Quello che Panato propone non è un rifiuto della tecnologia, ma una sua integrazione intelligente al servizio delle relazioni umane. Mentre raccolgo i miei appunti, mi rendo conto che forse è proprio questo il futuro della consulenza: non una corsa sfrenata verso l’automazione, ma un ritorno consapevole alla centralità del rapporto umano, potenziato e non sostituito dalla tecnologia.