Intervista a Giuseppe Zollo – Oggi parliamo di fertilità dei testi. Un criterio alternativo al significato per valutare la produttività di un contenuto linguistico. Catherine Marshall ne discute con Giuseppe Zollo, ingegnere, teorico della complessità e studioso appassionato di linguistica computazionale.
Catherine Marshall
Parli spesso di “fertilità” di un testo. Ma cosa intendi esattamente? È una proprietà del testo stesso o qualcosa che emerge nella relazione con chi legge? Puoi fare un esempio concreto?
Giuseppe Zollo
Immagina che io dica: “bla bla bla”. Puoi farne una parafrasi? No. Non produce nulla. Non genera trasformazioni. Un testo fertile è un testo che genera altri testi, che permette riscritture, traduzioni, spostamenti semantici. Pensiamo invece a una frase come: “Questa conversazione è eccellente”. Da lì posso partire per tradurre, riassumere, amplificare. Quello è un esempio di fertilità.
Catherine Marshall
Ma non rischiamo così di rendere tutto troppo relativo? Se la fertilità dipende da chi legge, non c’è il rischio che ogni testo sia fertile per qualcuno e sterile per qualcun altro?
Giuseppe Zollo
Questo rischio c’è, ma ci sono delle soglie. Per esempio: un testo che produce molte trasformazioni coerenti in ambienti diversi ha una fertilità oggettiva. Pensa a una catena di traduzioni. Se una frase in italiano genera una buona versione inglese, e quella inglese genera una buona versione francese simile alla versione francese ottenuta traducendo direttamente dall’italiano, abbiamo un sistema fertile. Perché conserva una certa coerenza nei passaggi.
Catherine Marshall
Quindi non ti interessa il significato in sé, ma la capacità trasformativa. Una sorta di tracciabilità delle metamorfosi testuali.
Giuseppe Zollo
Esattamente. Non dobbiamo restare legati all’idea umanocentrica del significato. Soprattutto se vogliamo includere anche i testi generati da intelligenze artificiali. Là dobbiamo parlare di capacità di generare trasformazioni sensate.
Catherine Marshall
E come distingui questa trasformazione da una semplice riproduzione? Una sequenza casuale di parole potrebbe generare altri testi, ma non per questo sarebbe fertile.
Giuseppe Zollo
Se ti do una lista ordinata da 1 a 100, tu la puoi sintetizzare: “numeri da 1 a 100”. Se ti do 100 numeri casuali, non riesci a sintetizzarla. La prima è fertile perché possiede una struttura, un ordine. La seconda no. La fertilità richiede struttura e apertura: deve permettere generazione e trasformazione, non solo copia.
Catherine Marshall
Quindi anche testi ambigui, come quelli poetici, possono essere altamente fertili?
Giuseppe Zollo
Assolutamente. Anzi, sono i più fertili. Prendi l’incipit della Divina Commedia: “Nel mezzo del cammin di nostra vita…”. Quel verso apre a interpretazioni biografiche, simboliche, esistenziali. Ognuna genera altri testi, altri mondi.
Catherine Marshall
E allora come si misura la fertilità? Serve un criterio operativo.
Giuseppe Zollo
Non c’è una sola metrica. Ce ne sono tante, a seconda della prospettiva. L’importante è che il testo generi azione, trasformazione, nuove connessioni. Un testo fertile mette in moto qualcosa. Se rimane chiuso, non è fertile.
Catherine Marshall
E l’AI? Produce testi fertili o solo apparenti catene generative?
Giuseppe Zollo
Dipende. Se l’AI attiva catene produttive capaci di generare altri testi significativi, allora possiamo parlare di fertilità. Ma dobbiamo sempre chiederci: cosa vogliamo farne? La tecnica da sola non basta. Serve anche uno sguardo critico, umano, valoriale.
Catherine Marshall
Grazie Giuseppe. Il concetto di fertilità, svincolato da un’idea rigida di significato, ci invita a ripensare il testo come dispositivo generativo, meccanismo di trasformazione. Anche (e soprattutto) nell’epoca dell’intelligenza artificiale.