Il giornalismo specializzato come ponte culturale nell’innovazione italiana

Intervista a Eleonora Chioda – Da oltre un decennio, Eleonora Chioda racconta l’Italia che innova con rigore, entusiasmo e senso critico. In questa conversazione, ripercorriamo l’evoluzione dell’ecosistema startup, ma soprattutto il ruolo che il giornalismo può avere nel costruire una cultura dell’imprenditorialità diffusa, capace di unire scuola, impresa e talento italiano.

Catherine Marshall
Esploriamo il ruolo del giornalismo specializzato come strumento di comprensione. Hai raccontato per anni l’evoluzione delle startup italiane. Com’è cambiata questa narrazione?

Eleonora Chioda
All’inizio, intorno al 2011-2012, il fenomeno delle startup era visto come una moda. Se ne parlava ovunque: giornali, siti, blog, social. Era l’epoca in cui bastava dire “startup” e attiravi attenzione. Poi è arrivata una legge che ha dato riconoscimento giuridico al fenomeno e da lì si è cominciato a costruire qualcosa di più solido.
Oggi abbiamo un ecosistema con più di 16.000 imprese innovative iscritte al Registro, un panorama in cui operano acceleratori, incubatori, venture capital, startup studio. È stato un passaggio da entusiasmo ingenuo a sistema strutturato, e questo ha richiesto un cambiamento anche nel modo di raccontarlo.

Catherine Marshall
Come ha influenzato questo cambiamento il tuo lavoro giornalistico?

Eleonora Chioda
Quando in Silicon Valley il concetto di startup esplodeva, io ero già curiosa. Studiavo quel modello e lo osservavo con attenzione. Appena ho visto in Italia i primi segnali concreti, ho spinto la mia redazione a seguirli. A quei tempi pochissimi sapevano cosa fosse una startup—anche tra gli addetti ai lavori.
Per chiarirlo, citavamo spesso Steve Blank: una startup è un’organizzazione temporanea alla ricerca di un modello di business ripetibile e scalabile. Non è una piccola azienda: è una forma in cerca di struttura. Abbiamo anche pubblicato un libro, Startup, che è stato ristampato quattro volte in pochi mesi.
Nel frattempo, i media hanno cominciato a interessarsi seriamente al tema. E in dieci anni l’Italia ha finalmente compreso che l’innovazione non è una moda: è una leva per creare lavoro, migliorare la vita delle persone, sviluppare un nuovo mindset.

Catherine Marshall
Come hai fatto a mantenere il focus umano in un contesto così tecnico?

Eleonora Chioda
Non credo di aver educato nessuno. Ho solo fatto il mio mestiere con passione e studio, e non sono mai stata sola. Ho lavorato con redazioni di grande valore.
Il punto è che dietro ogni innovazione ci sono delle persone. Se riesci a raccontare l’essere umano dietro la tecnologia, crei empatia e interesse. Questo è sempre stato il mio approccio: partire dalle storie.

Catherine Marshall
Cosa ti ha spinto a raccontare l’innovazione anche fuori dall’Italia?

Eleonora Chioda
Dopo aver lasciato la direzione della rivista, ho cominciato una nuova fase con Italian Tech, dove curo la rubrica Beautiful Minds. Racconto storie di italiani straordinari che lavorano all’estero nei luoghi più avanzati del mondo: centri di ricerca, grandi aziende, laboratori.
Parliamo di scienza, intelligenza artificiale, robotica, ingegneria dei materiali… ma soprattutto di persone. Persone che si impegnano per risolvere i grandi problemi dell’umanità, che fanno innovazione non solo per profitto, ma per senso civico, per visione.
Su Wired invece mi occupo di donne e STEM. Un altro mondo pieno di storie potenti, spesso invisibili. Mi piace pensare che, leggendo queste storie, qualcuno trovi ispirazione o voglia di mettersi in gioco.

Catherine Marshall
Che reazioni hai osservato da parte del pubblico?

Eleonora Chioda
Le storie piacciono moltissimo. C’è fame di contenuti che parlano di eccellenza, ma con autenticità. Questi racconti aiutano a far conoscere tecnologie complesse, rendendole accessibili, e al tempo stesso fanno emergere il talento italiano, che esiste ed è riconosciuto nel mondo.
La nostra formazione universitaria è di altissimo livello, e lo dimostrano i percorsi di chi lavora al CERN, alla NASA, nei centri di ricerca in Israele o California. Ma l’Italia investe pochissimo in ricerca e sviluppo. E così tanti, troppi, cercano opportunità fuori.

Catherine Marshall
In che modo il giornalismo può contribuire a cambiare questa situazione?

Eleonora Chioda
Raccontando storie. Portando esempi. Dimostrando che l’innovazione è fatta di persone e che investire in conoscenza porta benefici concreti.
Una cosa che mi sta molto a cuore è l’educazione imprenditoriale. In Italia non si insegna a diventare imprenditori. A Stanford, invece, ci sono decine di corsi sull’innovazione. Steve Blank raccontava che se entri in un bar lì e chiedi “Chi vuole fondare una startup con me?”, si alzano anche i camerieri. Da noi qualcosa sta cambiando, ma siamo ancora indietro.

Catherine Marshall
Cosa servirebbe per accelerare questo processo?

Eleonora Chioda
Serve collaborazione. Tra pubblico e privato, tra aziende e istituzioni, tra startup e grandi imprese.
Un esempio concreto è quello dei vaccini anti-Covid: open innovation in azione. Scienziati, università, startup, big pharma… hanno condiviso conoscenza e risorse per un obiettivo comune. È così che si innova davvero.

Catherine Marshall
Come possiamo attrarre e trattenere i talenti migliori?

Eleonora Chioda
Dobbiamo smettere di pensare che le competenze si trovino solo “dentro casa”. Come dice la legge di Joy, le persone più brillanti lavorano altrove. Se vogliamo farle tornare, dobbiamo creare le condizioni perché abbiano voglia di rientrare: fiducia, autonomia, prospettive.
L’Italia è il Paese più bello del mondo. Ma bellezza e cultura non bastano: serve visione.

Catherine Marshall
Che tipo di “ponti” possiamo costruire?

Eleonora Chioda
Lasciamo che i ragazzi vadano via. Che vedano il mondo, che imparino. Poi costruiamo un ponte per farli tornare. Un ponte fatto di opportunità concrete, di progetti seri, di ascolto. Ma questo richiede una strategia. E io sono una giornalista, non una stratega.

Catherine Marshall
Lo sei, ma il tuo lavoro ha un impatto chiaro: raccontare queste storie è già un modo per cambiare la narrazione. Grazie per aver condiviso la tua visione.

Eleonora Chioda
È stato un piacere. Grazie a te.

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By claradavid